La sonda Solar Orbiter è stata lanciata il 9 febbraio dalla rampa del Kennedy Space center di Cape Canaveral, in Florida. La sonda, frutto della collaborazione tra ESA e NASA, ha utilizzato un razzo Atlas V411 che l’ha inserita in un orbita interplanetaria verso il Sole.
La sonda impiegherà circa un anno e dieci mesi per inserirsi nella sua orbita finale e durante questo periodo effettuerà una serie di passaggi vicino alla Terra e a Venere, utilizzando l’effetto di fionda gravitazionale che le fornirà l’energia necessaria per raggiungere più velocemente il Sole.
Una serie di passaggi ulteriori intorno a Venere serviranno per inclinare l’orbita della sonda (che sarà un’ellisse molto schiacciata) fino a 33° rispetto all’equatore solare e questo darà l’opportunità di osservare le regioni polari del Sole con maggiore dettaglio rispetto a quello precedentemente ottenuto con altre missioni. Solar Orbiter, una volta che avrà raggiunto il perielio (il punto dell’orbita della sonda più vicino al Sole), avrà una velocità quasi uguale a quella con cui il Sole ruota attorno al proprio asse, permettendo, quindi, di osservare un’unica regione solare per un periodo di tempo superiore rispetto a quello che accadrebbe se le due velocità fossero molto diverse.
La missione è stata pensata per diversi scopi tra i quali dare risposta alle grandi questioni relative alla scienza del sistema solare e capire come il Sole crea e controlla l’eliosfera; inoltre studierà il meccanismo di accelerazione del vento solare e questo contribuirà allo sviluppo della previsione dello space weather (meteorologia spaziale), necessario per la protezione della strumentazione tecnologica e degli astronauti nello spazio.
La sonda ha un peso che si aggira intorno ai 200 kilogrammi e al suo interno sono presenti dieci strumenti; uno di questi strumenti è “italiano”: il coronografo Metis, che è uno strumento progettato per osservare nei minimi dettagli la corona solare, dove frequentemente si possono osservare gigantesche eruzioni di plasma.
Il coronografo è un telescopio disegnato per riprodurre un’eclissi solare artificiale, così da ricreare le uniche condizioni nelle quali è possibile osservare e studiare la corona solare, e nasce nel 1930 ad opera del fisico francese Bernard Lyot come strumento astronomico utilizzato per osservare proprio la corona solare, da cui prende il nome.
Metis è quindi un telescopio che presenta un occultatore che copre il disco solare mostrando solo la regione di gas esterno (corona e atmosfera solare). Grazie a questo strumento gli scienziati tenteranno di comprendere fenomeni ancora non del tutto chiari come cosa guida i venti solari, come si forma il campo magnetico nella corona solare e come interagiscono fenomeni come brillamenti, protuberanze solari e espulsioni di massa coronale con l’eliosfera.
Metis è quello che si può dire un’eccellenza italiana, infatti è stato finanziato ed è gestito dall’Agenzia Spaziale Italiana, ed è stato ideato e realizzato da un team scientifico composto da diversi istituti INAF, università italiane, principalmente di Torino, Milano, Padova, Firenze, Napoli e Catania, e dall’Istituto di fotonica e nanotecnologie del Cnr (Cnr-Ifn).
La realizzazione vera e propria dello strumento è stata gestita da un consorzio di due ditte formato da Thales Alenia Space di Torino e da OHB Italia di Milano, in collaborazione con l’istituto Max Planck di Gottingen in Germania e l’accademia delle scienze in Repubblica Ceca. Il PI dello strumento è il professore Marco Romoli dell’Università degli studi di Firenze.
La missione durerà nominalmente 7 anni dal lancio (quindi fino al 2027) con la possibilità di estendere questo periodo per altri 3 anni se tutto andrà nel verso giusto.
Uno scoglio molto grosso, come per tutte le missioni solari, è rappresentato dalle altissime temperature che si hanno nei passaggi della sonda vicino al sole, cosa che mette a rischio la strumentazione a bordo di questa; inoltre in orbite di questo tipo non è raro essere investiti da ondate di particelle cariche. Per questo motivo Solar Orbiter presenta uno scudo termico (che può raggiungere temperature fino ai 600°C) davanti alla faccia della sonda che sarà rivolta verso il Sole e che ha al suo interno un complesso sistema di radiatori che disperderà nello spazio il calore in eccesso.
Ho 24 anni e per pochi mesi sono il più “anziano” del gruppo. Mi sono laureato in fisica e astrofisica all’Università degli Studi di Firenze nel Settembre del 2019. Ho due grandi passioni: le stelle e il calcio. Mi piace approfondire le news spaziali e ho una passione sfrenata per l’astrofotografia.